Quando parliamo di società e bisogni di salute ci riferiamo alle nuove esigenze manifestate dagli individui, che necessitano di cure mediche e di un’assistenza sanitaria sempre più tarata su di esse ed in continua evoluzione.
Proprio in seguito a ciò, la distanza tra ciò di cui le persone hanno bisogno e la capacità da parte del Servizio Sanitario Nazionale di soddisfare in modo adeguato queste esigenze, in special modo in questi ultimi anni, si fa sempre più netta, a causa di numerosi ragioni.
– Invecchiamento della popolazione (siamo tra i più anziani d’Europa) questo comporta un aumento del ricorso a cure mediche e trattamenti sanitari di varia natura;
– Aumento di malattie croniche non trasmissibili, come il diabete, l’ipertensione, l’obesità infantile;
– Disturbi derivanti da cattiva alimentazione e sedentarietà.
A questo quadro, dobbiamo poi aggiungere la maggiore consapevolezza che il paziente ha assunto dei propri e nuovi bisogni di salute diretta conseguenza della possibilità di accedere a tutta una serie di fonti di informazione, fino a qualche anno fa di esclusiva competenza dei medici e degli specialisti, che ci consente, non senza pericolosi effetti, di entrare in relazione con la malattia e la classe medica.
Possiamo dire, allora, di trovarci di fronte ad “nuova generazione di pazienti” più attenta e più consapevole.
Con l’avvento della pandemia molte cose sono cambiate. Siamo stati travolti da una profonda crisi che ha avuto enormi impatti sulla società ed il nostro stile di vita. La sfida che abbiamo di fronte a noi sarà quella di guardare a questo stato di cose come a un’opportunità. Mai come in questo momento, come detto, si è acutizzata la forbice tra i nuovi bisogni di salute della popolazione e la risposta che il nostro modello assistenziale può offrire a tali bisogni.
In particolare, al tema della plurimorbosità associata, oltre a prognosi peggiore, a un elevato incremento dei ricoveri.
Secondo gli ultimi dati dell’Ocse, l’Italia si colloca al quindicesimo posto fra i 30 Paesi più sviluppati al mondo per spesa in cure e medicinali, su cui investe il 9% del Pil. Se poi guardiamo ai posti letto prima del Covid, che ne ha aggravato la scarsità, l’Italia ne contava 3,2 ogni 1.000 abitanti, quando la media Ue era di 5 ogni 1.000 abitanti. Questo solo per citare alcuni dati.
Tenuto conto di ciò, la Fondazione Mesit, in conseguenza della consapevolezza acquisita e dell’importanza che tale fenomeno ricopre e ricoprerà per il futuro delle attuali e nuove generazioni e per il destino del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN), svolge attività di studio e ricerca per capire essenzialmente “ciò che sta accadendo alle persone” anche al fine di realizzare nuovi modelli di integrazione tra il mondo della salute e quello del welfare.
L’obiettivo perseguito da tali attività è quello di rappresentare un elemento di riflessione per poter supportare le conseguenti decisioni politiche e le pratiche basate sull’evidenza.